martedì 4 dicembre 2007

Quarantamila

o poco più: è il numero dei cittadini rumeni che oggi risiede regolarmente a Torino. Una città nella città. Ci sono in Italia capoluoghi di provincia che contano meno abitanti.
Conoscere esattamente il numero degli immigrati stranieri all'interno di un determinato territorio è un'impresa pressoché irrealizzabile, ma almeno sapere quanti sono quelli regolarmente soggiornanti e residenti nelle nostre città dovrebbe essere possibile. La settimana scorsa è stato presentato l’Osservatorio della Prefettura di Torino sull’immigrazione straniera, e il giorno dopo i giornali hanno riportato diligentemente le cifre. Secondo il Giornale “nel 2006 gli immigrati regolari erano il 9,9 per cento dei torinesi, oggi sono l’11,04, un punto percentuale in più”. Per la Repubblica “in tutto sono 94.397 contati al 31 dicembre 2006”. Per La Stampa gli stranieri residenti a Torino “hanno tagliato il traguardo dei 100.000 iscritti all’anagrafe”, ma al 30 settembre erano 99.983. anche secondo Torino Cronaca “gli stranieri residenti a Torino hanno raggiunto la soglia psicologica di 100mila unità”.
Se nel 2006 gli immigrati regolari erano il 9,9% della popolazione, sarebbero stati 89.170 (e invece erano meno di 85mila); allo stesso modo se oggi sono l’11,04% dovrebbero essere 100.235 e invece sono almeno 2.500 in più.
Considerato che i giornalisti non devono essere particolarmente ferrati in scienze statistiche, abbiamo chiesto alcuni dati direttamente al Comune di Torino, che a nostra volta diffondiamo a beneficio di chi ci legge.
Bene, secondo i dati ufficiali del Comune, gli stranieri residenti a Torino sono 102.800 su una popolazione complessiva di 907.930 abitanti. Dunque gli immigrati di cittadinanza non italiana costituiscono l’11,3% dell’intera popolazione. Alla fine dello scorso anno erano, secondo i dati dell’Osservatorio della Prefettura, 84.843, corrispondenti al 9,9% degli abitanti di Torino. Ciò significa che nel corso del 2007 (che peraltro ancora non si è concluso) gli stranieri residenti a Torino sono aumentati del +21,2% (oltre 1/5) e il dato è particolarmente serio, visto che negli ultimi anni il ritmo dell’incremento era andato gradualmente stabilizzandosi e l’anno scorso l’aumento era stato “appena” del +8,5%…
Solo Milano tra le altre grandi città italiane, con il 13% di stranieri, ha una simile affluenza migratoria: a Roma e a Bologna il rapporto stranieri/residenti è del 7,5%, Genova il 5,5%, Napoli e Palermo il 2%, mentre Firenze arriva quasi al 10%, in gran parte cinesi.A Torino la comunità di stranieri immigrati è quella rumena e finalmente il governo di quel Paese si è deciso ad aprire una sede di rappresentanza diplomatica nella nostra città. Il console si è insediato la scorsa settimana e ieri c’è stata l’inaugurazione ufficiale della nuova sede, in Via Ancona (zona Aurora-Rossini), strategicamente posta tra Porta Palazzo e Barriera di Milano, le zone a maggior densità d’immigrazione straniera e rumena in particolare. L’evento è stato esaltato dalla presenza del ministro agli Esteri rumeno, Adrian Cioroianu. Ah, dimenticavo, Bresso, Saitta e Chiamparino avevano altri impegni e non hanno potuto presenziare.



venerdì 23 novembre 2007

“I grattacieli amor mio non fanno solletico a Dio”…

…cantava il buon Toto Cutugno qualche anno fa. Ma ai torinesi?
Il dibattito che tiene maggiormente banco a Torino in questi ultimi tempi è senza dubbio quello legato alla presentazione del progetto del grattacielo che ospiterà, una volta terminato (si prevede nel 2010), il corporate centre del nuovo colosso bancario Intesa-Sanpaolo. Tra appelli accorati e sarcasmi fuori luogo, da entrambi gli schieramenti si levano richiami a favore o contro quest’opera, che sicuramente sarà destinata a cambiare la skyline di una città che nel corso dei secoli raramente ha puntato allo sviluppo e all’elevazione verticale delle sue strutture architettoniche. Con alcune eccezioni, s’intende: la Mole Antonelliana, ora simbolo della città, ma che ai suoi tempi, non fu compresa dalla maggior parte dei torinesi, che guardavano sospettosi la stravaganza di un edificio privo di utilità concreta e sgradito alla stessa committenza (la comunità ebraica torinese, che l’aveva fatta progettare come nuova sinagoga e che alla fine cambiò sito e progetto).
Nel XX fu la volta della fascistissima Torre Littoria, che con i suoi 109 m. avrebbe dovuto diventare la cazzuta sede del maschio e virile PNF, ma molto più prosaicamente alla fine fu ceduta ad una grande compagnia di assicurazioni, dopo essere stata ribattezzata “Pugno nell’occhio” dai torinesi che evidentemente non gradirono neppure questo inserimento incongruo in un contesto urbanistico-architettonico barocco di grande suggestione ambientale.
Mai contenti e sempre malmostosi i torinesi, perché nel dopoguerra ebbero da ridire anche sull’orrendo condominio di Piazza Solferino, sul Palazzo Lancia in Borgo San Paolo, sul CTO in riva al Po, sul Grattacielo RAI-TV a Porta Susa e sull’ex Palazzo Sip-Telecom di Corso Inghilterra (prossima sede unificata degli uffici provinciali), sebbene nessuno di questi si avvicinasse ai canonici cento metri che convenzionalmente sono considerati il limite minimo per uno skyscrape decente.
Anche oggi i torinesi contestano scelte che sembrano contraddire quell’idea di città che i cittadini coltivano. Lo dicono anche i sondaggi (peraltro non statisticamente attendibili) improvvisati dalle redazioni web de “La Stampa” e de “la Repubblica-Torino”, che fotografano una città spaccata in due partiti contrapposti su progetti di questo tipo. “la Repubblica” assegna il 53% ai pareri contrari al sorgere del grattacielo targato Sanpaolo, mentre specularmente “La Stampa” attribuisce il 52% ai pareri favorevoli al progetto di Renzo Piano.
Oltretutto in questi giorni stiamo assistendo a un balletto di polemiche, dietrofront, accuse, scuse, ripensamenti, malignità, contraffazioni e travisamenti innescatesi su questo argomento, che mettono a dura prova la credibilità di architetti, amministratori, boiardi pubblici e privati, giornalisti, commentatori ecc. Si va dalle false cartoline degli ambientalisti che distorcono le più elementari leggi della prospettiva alle miserabili e maliziose perfidie del sindaco Chiamparino (“C'è chi vorrebbe vedere ancora le pecore pascolare in città”). Dai balbettamenti di Renzo Piano, disposto a ridimensionare il suo progetto e farlo tornare al di sotto dei fatidici 167 m. della Mole Antonelliana pur di non doversi confrontare con chi osteggia la sua creatura alla squallida gara tra Enrico Salza (quello che, tanto per interderci, dopo aver sacrificato l’Istituto Bancario San Paolo sull’altare dell’ingordigia milanese ora vuole fare “un regalo alla città”) e Mercedes Bresso, la governatrice che ha affidato a Massimiliano Fuksas la sua ansia di immortalità, a chi ce l’ha più lung… pardon, alto. Dalla sinistra radicale che no, comunque e sempre no ai forzitalioti-popolodellelibertà che no, perché Chiamparino è per il sì. Dal Chiampa medesimo che spaventato dal dibattito in corso parla ora di un fumoso progetto di referendum tra la popolazione alle faide interne alla casta degli architetti che stanno strumentalizzando la questione per riaprire rancori mai sopiti e astiose rivalità.
E i torinesi? Loro aspettano. Hanno criticato Guarini dandogli del bizzarro e del folle, hanno contestato Juvarra, compatito l’Antonelli, mugugnato su Fenoglio e ora si spaccano su Piano e Fuksas. Ma come non dare un po’ di ragione alla dilagante sfiducia, dopo aver assistito ai più recenti scempi perpetrati da architetti preoccupati solo dal loro ego ipertrofico? Fuksas a Porta Palazzo, lo sfacelo di Piazza Valdo Fusi, la fesseria di Gae Aulenti al Palavela, l’obbrobrio della centrale del teleriscaldamento in Corso Ferrucci, il Palaisozaki sottoutilizzato, i nuovi quartieri dormitorio sulle ex spine ferroviarie, degni delle più fetide periferie bulgare... devo continuare?